Affidamento a rischio giuridico: il grande dubbio
L’adozione ha lo scopo di assicurare ad ogni bambino una famiglia. I coniugi che intendono adottare devono presentare la relativa domanda al Tribunale per i minorenni, i requisiti richiesti sono disciplinati dalla legge 149/01 che all’art. 6 li specifica come segue:
• essere sposati, da almeno tre anni o dimostrare di aver convissuto stabilmente per tre anni prima del matrimonio, non essere separati neppure di fatto
• essere idonei ad educare ed istruire i minori
• la differenza d’età tra i genitori ed il bambino deve essere compresa tra 18 e 45 anni
L’adozione, però, non è preclusa quando il limite è superato da uno solo dei coniugi, se gli stessi adottano due o più fratelli, ed ancora se hanno un figlio naturale o adottivo minorenne.
L’affidamento si riferisce, invece, ai casi in cui il minore è allontanato temporaneamente dal nucleo familiare d’origine e preso in cura da terzi, poiché diversa è la ratio caratterizzante tale istituto abbiamo presupposti diversi per la relativa domanda:
• una famiglia, possibilmente con altri figli minori
• una persona sola (non sposata o separata)
• una comunità di tipo famigliare
La legge, quindi, una volta affermato il principio generale del diritto al bambino a crescere nella propria famiglia, chiarisce, che, quando ciò non è possibile, occorre dare al minore una collocazione idonea. Se si presume che la mancanza sia temporanea, il bambino potrà venir dato in affidamento familiare; se invece il bambino è del tutto abbandonato oppure le privazioni sono state tali, da far ritenere al Giudice del tribunale per i Minorenni che il bambino sia “privo d’assistenza morale e materiale”, viene dichiarato in stato d’adottabilità, che è il presupposto necessario per l’adozione da parte di un’altra famiglia.
Affidamento a rischio giuridico, terza via?
L’affidamento “a rischio giuridico” non è previsto espressamente dalla legge, ma è stato introdotto da alcuni Tribunali per i minorenni. Si tratta di un affidamento etero familiare predisposto a favore di minori. La procedura per la dichiarazione d’adottabilità, molte volte, non è definitivamente conclusa, perché genitori o parenti hanno proposto ricorso. Pertanto per evitare, che il bambino, resti in istituto ad attendere l’esito del giudizio, il Tribunale abbina attraverso un esame comparativo, la coppia più idonea allo stesso. Questo peculiare affidamento, fu istituito dal Tribunale dei minorenni di Torino e disciplinato con uno specifico protocollo d’intesa dalla Regione Piemonte, circolare 6/ASA 1985 e successivamente dalla D.G.R. sugli affidamenti familiari del 17 novembre 2003.
L’Anfaa (associazione nazionale famiglie adottive e affidatarie) si battè, per arrivare all’emanazione della circolare dell’85, che si basava e si basa, su tre presupposti fondamentali:
1) LA CONTINUITÀ AFFETTIVA PER IL MINORE
2) RIDURRE LA PERMANENZA IN ISTITUTO
3) EVITARE L’AFFIDAMENTO A PERSONE NON IDONEE
La ratio di questa forma ibrida d’affidamento è che si ritiene inaccettabile che il minore sia affidato ad un soggetto nel periodo vacante in cui il procedimento d’adozione si deve concludere, venga poi mandato in un istituto o comunità alloggio, per il periodo di decongestionamento affettivo (per fargli dimenticare gli affidatari) e venga inserito nella famiglia degli adottanti, quando concluso l’iter è dichiarato adottabile. Sarebbe curioso sapere cosa vuol dire decongestionamento affettivo, chiaramente non a livello lessicale, ma a livello umano…….un bambino adottivo, ha già subito un abbandono, è un fanciullo che deve affrontare un grosso cambiamento come la rottura dei legami affettivi precedenti, le esperienze subite e fatte, il distacco dalla famiglia d’origine, hanno causato ferite mentali ed emotive, che a parere della scrivente mal conciliano con questo “palleggio” tra affidatari, istituti e coppia adottiva.
A ben vedere quindi l’affidamento a rischio giuridico, può limitare danni a questi piccoli, ma……………… È TUTTO ORO CIO’ CHE LUCCICA?
Nulla quaestio, sul fatto che l’articolo 22 della legge 184/83 affermi la necessità e il diritto per gli aspiranti genitori ad essere informati dal Tribunale per i minorenni sui fatti rilevanti relativi al minore, emersi dalle indagini effettuate dagli assistenti sociali. Purtroppo però, le famiglie manifestano una scarsa conoscenza della situazione personale dei piccoli, informazioni che sarebbero essenziali, poiché per facilitare una relazione sana tra adulti e minore le coppie dovrebbero imparare a “sentire” in modo empatico ciò che prova il bambino, ad identificarsi con lui, ad interpretare il significato dei comportamenti del minore. A queste mancanze s’aggiunga inoltre che approssimative sono anche le informazioni sulla situazione giuridica in cui versa la causa d’adottabilità del bambino a loro affidato e giacché non tutti sono avvocati, non necessariamente la coppie hanno le competenze in materie di diritto minorile per comprendere lo stato processuale del procedimento relativo al minore da loro accolto e spesso queste pratiche durano molti, troppi, anni.
Soluzione?
Chi accoglie un bambino a rischio giuridico, ha dato sì la disponibilità per un’adozione, ma ha compreso le forti necessità di cure familiari di questi piccoli nel periodo necessario al completamento del procedimento ed ha capito che il bene massimo del minore è quello di crescere nel nucleo d’origine e che solo eventualmente, loro diverranno la SUA FAMIGLIA PER SEMPRE……… Dal punto di vista psicologico, molte volte agli affidatari si chiede di comportarsi già come se fossero loro i “genitori definitivi”, poiché i bambini hanno bisogno d’essere tranquillizzati sul fatto che vicino hanno figure parentali forti, hanno bisogno di rassicurazioni affettive per colmare le privazioni di cure subite ab origine. Gli affidatari però, non per colpa loro, semplicemente perché, sono essere umani e non automi, non riescono a dare questi tipi di conforto, per il motivo, che loro per primi, non sanno se diventeranno genitori di quel bambino o se con lui percorreranno solo un po’ di strada……s’aggiunga che i minori, continuano ad avere incontri con la famiglia d’origine che il più delle volte manda messaggi diametralmente opposti, tipo ”siamo noi i tuoi genitori” “la prossima volta verrai a casa con noi”. Gli affidatari, che non hanno alcun tipo di contatto con le famiglia del piccolo (a differenza dell’affidamento temporaneo, dove ci sono incontri) vedono solo le ripercussioni di questi incontri ”neutri” sul bambino, partecipano all’attesa del minore, attesa accompagnata di sovente da reazioni negative (irritabilità, mutismo etc.) subiscono i rientri in casa ( affidataria), ma non possono far nulla………come si fa a spiegare ad un bambino che chiede di non vedere mai più i genitori naturali, che questo non solo non è possibile, ma che potrebbe tornare a vivere con loro?……………Potremmo dire che basterebbe esporre le proprie considerazioni al Tribunale dei minori competente per l’adozione, ma non raccontiamoci favole, i tre quarti di chi in questo momento sta leggendo queste parole è un operatore nel settore, è quindi un avvocato, un assistente sociale, uno psicologo, soggetti privilegiati, almeno sotto l’aspetto della quotidianità a relazionarsi con magistrati, ed in tutta onestà, quanti di voi farebbero un esposto?…………………. A giudizio della scrivente, l’istituto dell’affidamento a rischio giuridico è una validissima terza soluzione, a condizione che le coppie s’affidino all’esperienza e alle capacità degli organi socio assistenziali e che questi concretamente diano oltre al sostegno psicologico, tutte le informazioni (trascorsi familiari e giuridiche) di cui necessitano i “futuri” genitori. ah!ultima condizione….. la più importante…. nell’utilizzare gli strumenti giuridici, sempre ricordarsi, che l’unica via che porta alla giustizia è quella intrapresa da molti colleghi e da altrettanti operatori sociali, USARE PRIMA DEI CODICI E DEI MANUALI IL CUORE, per far sì, che le norme siano, come devono essere, lo strumento per tutelare i più deboli!
Avv. Silvia Nativi