Donna ed ex moglie: figura debole?
- Nei nostri Tribunali, la donna ha sempre assunto la veste di “parte debole”, giustamente bisognosa di tutela giuridica, uno sguardo alla società odierna ed ai suoi cambiamenti ci rappresenta però, uno spaccato di vita diverso, “uno spaccato di vita”, nel quale è nata e sta crescendo una nuova categoria bisognosa di tutela, contraddistinta essenzialmente da due caratteristiche:
- essere padre
- essere ex marito
Questi soggetti rimangono più nell’ombra, poiché le violenze perpetrate a loro discapito fanno meno scalpore, i mass media, descrivono le difficoltà causate alle donne e ai bambini dal fenomeno “padri inadempienti”, ma, per ora, difficilmente posano l’obiettivo sull’aumento di ex mariti, che quotidiamente combattono la loro guerra contro ex mogli che gli impediscono di vedere i propri figli. Questi uomini subiscono violenze subdole, che portano alla distruzione dell’equilibrio psicologico di molti genitori. Secondo i dati della Federazione nazionale bigenitorialità, negli ultimi tempi, sono aumentati i suicidi commessi da padri separati, il decremento del reddito, l’allontanamento dai figli, mina la stabilità, portando questi genitori a compiere gesti estremi, più di quanto non accada alle donne (93{3b23def768dbdfaf61a583ac1350d6ef74241332f6f217a4053bca085ca4ca03} sono padri).
È così che entrate in fase separazione, per alcune donne, l’ex marito, diventa il nemico, obbligo inficiare i suoi futuri rapporti e la prosecuzione di una vita normale, sono donne mosse da ira, gelosia, rabbia, sentimenti che secondo i dettati psicologici nascono sostanzialmente da tre fattori:
- la perdita di uno status
- la ferita narcisistica
- la percezione di sé, come donna sola.
E se conflitto dev’essere?
Frustrate dalla perdita, ferite nell’orgoglio, impaurite dal domani, le ex mogli (fortunatamente non tutte), usano come arma principale i figli, allontanando gli ex partner dalla funzione genitoriale e denigrandoli. Sempre più spesso siamo innanzi a padri ligi in primis al buon senso, secondariamente alla legge e all’ordinanza Presidenziale, regolarmente versano l’assegno di mantenimento, regolarmente contribuiscono alle spese extra, regolarmente si rivolgono agli avvocati perché boicottati nelle visite con i figli, perché emarginati dalla vita di quest’ultimi. Gli avvocati dal canto loro ben conoscono il rigore che viene applicato per far rispettare l’ordinanza relativa all’assegno e si dolgono nel constatare che tale durezza non viene esercitata nel far valere il diritto di visita da parte del padre.
Questo schema comportamentale anomalo, fu definito da R. A. Gardner. “Sindrome da alienazione parentale” c.d. PAS cioè un disturbo che insorge prevalentemente nelle controversie per l’affidamento dei figli. Vi è una manipolazione psicologica del bambino attuata con una campagna di denigrazione verso l’altro genitore. Figlia di questa teoria, fu lo studio effettuato da I. D. Turkat, il quale constatò che la PAS si presenta più comunemente nelle donne, ed elaborò a sua volta la: “Sindrome della madre malevola”. La patologia esaminata in linea generale ricomprende una serie di azioni come menzogne e comportamenti dolosi, attuati dalla ex moglie nei confronti dell’ex marito, per escluderlo dalla vita dei figli. La definizione data dallo studioso vede quattro modelli principali di comportamento:
Una madre che senza giustificazione punisce il marito da cui sta divorziando o ha divorziato
- Tentando di alienare i figli dal padre
- Coinvolgendo altri in azioni malevole contro il padre
- Intraprendendo un contenzioso eccessivo
La madre tenta di impedire
- le visite regolari dei figli al padre
- le libere conversazioni telefoniche tra i figli e il padre
- la partecipazione del padre alla vita scolastica e alle attività extracurriculari dei figli
Lo schema comprende azioni malevole come:
- mentire ai figli
- mentire ad altri
- violazioni della legge
Il disturbo non è specificamente dovuto ad altro disturbo mentale, pur potendo coesistere con un altro disturbo mentale distinto.
Per quanto riguarda gli ex mariti quanto appena descritto porta loro ad accusare molteplici problemi clinici, la patologia più comune è sicuramente quella individuata da G. L. Rowles nei suoi pazienti e cioè la “Sindrome del padre interdetto” una serie di fattori che possono investire i padri separati, associati a traumi da divorzio da perdita del ruolo paterno. La sindrome si manifesta attraverso sintomi di depressione e di stress post traumatico che inficiano gli ambiti di vita quotidiana, es. le relazioni con i terzi, ripercussioni sul lavoro.
Che pari opportunità sia!
Conseguenza di questi pregiudizi contro gli uomini è che nel diritto di famiglia alcuni padri diventano vittime del sistema. Giustamente i nostri giudici valutano i difetti comportamentali delle “ex signore”, non sul piano psicologico, ma sulle conseguenze negative che arrecano ai minori e sulla separazione vista come rispetto degli accordi presi. Quando si tratta di comportamenti che limitano o precludono le relazioni tra un genitore e i figli, il giudice civile ex art. 709 ter(introdotto dalla legge 8 febbraio 2006, n.54 sull’affidamento condiviso) su ricorso dell’interessato interviene.
“Quando sussistano comportamenti posti in essere dalla madre volti ad impedire al padre di tenere con sé la prole, il giudice deve invitare il genitore inadempiente ad astenersi da tale condotta altamente pregiudizievole per il corretto sviluppo dei rapporti fra il padre e i minori, la quale potrà in proseguio, ove perdurante, comportare l’adozione delle misure previste dall’art. 709-ter c.p.c.” (Tribunale di Catania, ordinanza 11 luglio 2006)
Norma chiave, in sede civile, è pertanto l’art. 709 ter c.p.c. la norma ha funzione di garantire il corretto funzionamento delle modalità dell’affidamento stabilite in un atto già emesso, per consentire l’esecuzione di tali provvedimenti attraverso l’adozione di misure coercitive.
In caso di condotte contra legem reiterate nel tempo, il giudice può oltre a modificare i provvedimenti presi ante lite, ammonire il genitore inadempiente , disporre il risarcimento dei danni nei confronti dell’altro genitore o del minore ( Il potere del giudice nel liquidare il risarcimento del danno è legittimato alle condizioni sostanziali e processuali proprie della responsabilità civile: ossia la domanda della parte interessata ex art. 112 c.p.c. e la sussistenza dei requisiti ex art. 2043 c.c., ossia il fatto doloso o colposo, il nesso di causalità ed il danno ingiusto.) , condannare il genitore inadempiente al pagamento di una sanzione amministrativa a favore della Cassa delle ammende.
Significativa applicazione giurisprudenziale della norma esaminata è la decisione della Corte di Appello di Firenze del 29.08.2007, che statuendo il risarcimento del danno a favore del padre e del figlio, ha sanzionato gli atteggiamenti provocatori di una ex moglie, ammonendola, inoltre, ad ottemperare al provvedimento del Tribunale di Firenze che regola la frequentazione tra padre e figlio.
La Corte di appello di Firenze,
(…) ritenuto che la condotta della resistente costituisca violazione delle statuizioni espresse dal Tribunale e che ciò arrechi nocumento alla corretta crescita della personalità del minore, ledendo altresì il diritto del padre al rapporto con il figlio; ritenuto che la resistente, costituendosi, ha chiesto che fosse cancellata l’espressione, contenuta nel ricorso ex art. 709 ter c.p.c., secondo cui la condotta di lei sarebbe stata caratterizzata da “artefizi e raggiri”; ritenuto che l’espressione, non offensiva per i termini in sé considerati, non pare descrivere una situazione contraria al vero, ove si consideri lo svolgimento della vicenda nel suo complesso, cosicché non appaiono ragioni per disporre la richiesta cancellazione.
Ritenuto che il danno, subito dal minore per la privazione della frequentazione paterna, può essere liquidato in euro 650,00, (…), senza necessità di specifica istruttoria sull’an e sul quantum trattandosi di danno da individuarsi in re ipsa e soggetto – in quanto danno non patrimoniale – a valutazione equitativa;
ritenuto che al ricorrente (…) non può riconoscersi, nella presente sede, alcun risarcimento per danno materiale (richiesto con riferimento alla asserita diminuzione patrimoniale per le ferie pagate e non fruite), la norma dell’art. 709 ter c.p.c. e, ancor prima, la presente sede processuale essendo preposta ad altro genere di tutela. Deve invece ravvisarsi un danno non patrimoniale risarcibile nella circostanza che il padre si è visto interdetta la possibilità di frequentare il figlio, di cui pure un provvedimento giurisdizionale aveva garantito la frequentazione. Il danno di cui si tratta è liquidato equitativamente in euro 350,00 (…)”
Da ricordare che anche in sede penale, possiamo trovare una tutela giuridica, appellandoci all’art. 388 c.p. che punisce la mancata esecuzione di un provvedimento del giudice; in particolare al comma due che punisce la condotta di chi non rispetta il provvedimento del giudice civile, che concerna l’affidamento di minori o di altre persone incapaci, ma la tutela penale potrà essere invocata quando il genitore abbia tenuto un comportamento di totale ed ingiustificato rifiuto nell’espletamento dell’ordinanza ad esempio trasferendo i minori in altra abitazione, non può bastare a configurare questo tipo di reato un mero comportamento non collaborativo. Da quanto sin ora esposto sembra però, che il mezzo più efficace per garantire nei nostri tribunali pari opportunità e far sì che la legge sia, realmente, uguale per tutti, sia applicare il 709 ter c.p.c. norma rivoluzionaria che volge con occhio attento una tutela alle nuove fasce deboli.
Avv. Silvia Nativi